Mario Nigro – “Multipli di Nigro” (1974)

Quella di Mario Nigro è una scrittura razionale colorata di sensazioni e di emozioni. Mario Nigro è uno dei più tenaci e profondi precursori di quella pittura mentale, o neopittura, per la quale il discorso pittorico si fonda sì sulle leggi della tradizione artistica (i concetti di spazio, struttura, composizione) ma per comunicare uno stato e una dinamica mentale e psichica. La traiettoria artistica di Nigro si svolge infatti in due tempi. Quello dello spazio totale fino al 1965, costituito da «reticoli simultanei» che fanno proprio l’affrancamento dell’arte astratta dallo spazio convenzionale imposto dall’esistenza del soggetto (case, strade, alberi, ecc., in rapporto fra loro suggeriscono distanze spaziali ben definibili) per evocare distanze infinite, anche se fisicamente riducibili alla bidimensionalità della tela. E’ la ricerca attuale del «tempo totale» che vede nel quadro non tanto un’esperienza costruttiva quanto la fonte di sensazioni psichiche legate al tempo impiegato nel seguire il gioco dei segni sulla tela. Segni la cui disseminazione nel quadro non è casuale ma nasce da un rigoroso schema geometrico: quello del rombo, che si proietta sul piano secondo variazioni. […] “Ripetizione e differenziazione” si basa su uno schema lineare la cui semplicità è funzionale al duplice piano su cui si deposita. E’ poi l’iniziativa dello spettatore che, spostandosi, sollecita le possibilità combinatorie e di differenziazione dello schema ripetitivo a determinare un tempo totale non solo psichico ma fisico per il godimento dell’opera. “Ricordo di una domenica” è uno schema complesso e al tempo stesso classico di variazione lineare. Variazione sulla penultima asta della penultima linea dichiara già nel titolo la propria rigorosa struttura di base. Essa è anche l’unica di queste tre opere in cui il colore: rosso/blu sia legato alla struttura sottolineandone il senso. Nelle altre due infatti il colore è l’elemento di trasgressione poetica: è la ragione emotiva che impone le proprie ineliminabili pulsioni allo schema proposto dalla mente. Non vi è nulla di preordinato e catalogabile nei colori di Nigro che riflettono gli stati d’animo dell’autore o propongono delle esperienze sensoriali ed emotive allo spettatore. Per Nigro il suo operare artistico rientra infatti in una più vasta dialettica, quella di amore e odio, attrazione e repulsione, appagamento e insoddisfazione che tutti ci spinge ad agire, come egli stesso dice: «Cerco di scoprire il rapporto che esiste fra l’autonomia del quadro e il mio humanus fra l’antitesi di una realizzazione iconografica, che rappresenta quasi una perfezione, o per lo meno la tendenza a una perfezione, l’alienazione dell’edonismo, e le ripercussioni che ne derivano nei riflessi di un erotismo fallimentare, tant’è che l’erotismo inconscio e insoddisfatto si trasferisce nell’operare d’arte — l’alienazione dell’edonismo — e suscita nel produttore nuovi sentimenti erotici. Un equilibrio e una contraddizione continue, che possiamo chiamare arte, se ci piace, che possiamo chiamare vita, se ci piace, che possiamo chiamare vita, se non ci piace, che possiamo chiamare arte, se siamo nemici di noi stessi». [Tommaso Trini, Multicenter, Milano 1974]

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