Due anni fa, era il 2001, Alberto Allegri ha cominciato a scrivere la parola IO in una serie di tavole e sculture. Dapprima, in carattere bodoni, un bell’IO tondo con tutte le grazie tipografiche; poi in corsivo e minuscolo con grazie alla Parmigianino, che è visibile lì a Fontanellato, poco distante dal suo studio; e quindi in stile birichino, cioè al modo aereo di Allegri e tutte le sue passate sculture. IO è il pronome personale, prima persona singolare, che tu, egli, noi usiamo tutti i giorni. Può capitare di porre una tavola al rovescio e di leggervi OI – allora il pronome diventa una data, il primo anno del primo secolo del terzo millennio. Niente ha più prospettive del nostro ego. […]
Evoca l’attualità della Via Francigena medievale, quest’opera di Alberto Allegri, che mira a installarvi sei sculture, le sei lettere di Europe, in altrettante tappe fra Roma e Canterbury – più una. Eccola, la secolare via di comunicazione che è cresciuta dallo sterrato alle pietre, dal pavé all’asfalto, inoltrandosi tra la Chiesa Cattolica e le altre Chiese, attraverso nazioni nemiche: sta ancora lì. Passa presso la casa dell’artista. Con poche altre, sarà, di volta in volta, la strada santa dei pellegrini, l’autostrada degli eserciti imperiali, la deserta landa dei predoni, e il cannocchiale trafficato dei sapienti.
L’opera di Alberto Allegri si colloca su questi crinali liquidi. E’ una scultura che si fa al tempo stesso scrittura; e una scrittura che diventa architettura nello spazio fisico. Pone l’io al posto del punto di fuga, che nella prospettiva classica equivaleva a zero. […] Conviene definirla alfascultura, l’arte di Alberto Allegri, per la buona ragione che sa leggere e riprodurre la lettera dei fenomeni visibili allo scopo di mutarne lo spirito, e in tal senso mi pare più prossima alla riproduzione digitale che a quella analogica, a differenza dell’arte scritta, generalmente dipinta, che riposa sulle analogie pittoriche dei segni verbali. Inoltre, c’è una bella differenza, per venire a questo ciclo dell’IO, con le sole altre opere egoiche che mi vengono alla mente: le tavole su cui il fluxus Ben Vautier sciabola tuttora la parola “ego”, per dire che l’arte è solo egocentrismo. […] A dire il vero, l’alfascultura di Allegri fa più di un’incursione nell’orto letterario: lo sfida. Nella sua contiguità alla scrittura, essa rilancia il tema della sua autonomia. Una scrittura allevata dalla scultura è figlia delle arti visive più che della letteratura? Le lettere disegnate e scolpite da Allegri sono un principio di architettura letterale. Potere alzare un’architettura di lettere e parole, ma pur sempre di pietra o metallo, consente allo scultore Allegri di essere, avendo la possibilità di realizzarla, un eccellente e fattivo alleato dell’architettura costruita. [Tommaso Trini, 2003]